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Francesco Di Bella: ricomincio da me con “Nuova Gianturco”

A vent’anni dal debutto su disco con i 24 Grana, Francesco Di Bella si propone finalmente, al 100%, come solista. E il suo secondo esordio splende di luce viva.
A cura di Federico Guglielmi
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Quando lo conobbi, una ventina d’anni fa, Francesco Di Bella era uno scugnizzo o poco più, con un’aria appena svanita che però non ne appannava l’acutezza, la vivacità e il naturale carisma. Aveva da poco esordito su disco con i 24 Grana, la band della quale era il frontman, che assieme alle affinità con i concittadini Almamegretta evidenziavano rilevanti doti in termini di carattere e voglia di crescere; promesse mantenute appieno per quanto concerne i risultati creativi, racchiusi in sei album (e un EP) di studio e due live quasi sempre brillanti (con “Metaversus” e “K Album”, 1999 e 2001, come zenit), ma non del tutto sul piano di una notorietà che rimaneva purtroppo di (ampio) culto a dispetto dell’impegno profuso dai ragazzi e della professionalità messa in campo dal loro staff, a partire dalle edizioni musicali/label La Canzonetta che li ha sostenuti dall’inizio dell’avventura, riuscendo anche a portarli per qualche tempo su major. Non sempre le cose vanno come dovrebbero andare, si sa, e dopo mille titubanze Francesco decideva di separarsi dai compagni per seguire la strada tutta sua che già aveva cominciato a battere in parallelo. Era l’estate del 2013, e il processo di emancipazione si concretizzava subito – benché in parte – con “Francesco Di Bella & Ballads Cafè”, una selezione dei brani scritti all’epoca dei 24 Grana e rivisitati in chiave “da songwriter”, più un inedito; una tappa importante per riportare tutto a casa, riappropriarsi si sé e acquisire certezze sulla direzione da prendere. Uscito lo scorso 30 settembre, “Nuova Gianturco” dimostra come il cammino sia iniziato con il piede giusto.

È rimasto ancora a suo modo scugnizzo, Francesco, anche se le primavere sono ormai quarantaquattro e i casi della vita l’hanno allontanato dalla sua Napoli a favore della comunque vicina Salerno; un cambiamento importante, amplificato dalla nascita di due figli e dallo sviluppo di altri interessi. Lo scugnizzo divenuto adulto ha mantenuto la sua personalità e l’ha convogliata in nove canzoni autografe e una cover che, assieme, vanno a costituire – un’abitudine, per l’artista partenopeo – un concept. "Gianturco è un quartiere nella periferia est di Napoli dove alle raffinerie e al cimitero si è aggiunto lo skyline del centro direzionale", mi ha raccontato il Nostro nel corso di un lunga intervista edita nell’ultimo numero del mensile “Blow Up”. "Era anche il quartiere da cui partivano i cortei di operai e studenti durante le manifestazioni e in cui operavano associazioni di base, gli artisti con le loro idee in movimento: la mia storia è iniziata proprio lì, nel centro sociale Officina 99. Si respirava una bella contaminazione di culture e ‘Nuova Gianturco' auspica proprio l’invenzione di una nuova periferia, un territorio che possa ritrovare la fiducia e non rappresentare più un lugubre deserto emotivo". Proprio così. Per descriverlo con termini meno circostanziati e più poetici, “un’idea sospesa tra passato e futuro, tra nostalgia e rinnovamento”, che si esprime tramite un pop elettroacustico-elettronico di grande spessore e intensità emotiva, lieve ma in grado di colpire a fondo con i suoi toni ipnotici; e malinconici, anche se il sentimento non opprime ma culla con dolcezza.

Per dare alla sua musica una forma adeguata, Francesco si è fatto aiutare dal produttore Daniele Sinigallia, già al suo fianco per “Ballads Cafè” e prima ancora per “Ghostwriters” dei 24 Grana, da un eccellente team di musicisti e da alcuni illustri amici-ospiti: i 99 Posse nella calda “Aziz”, Neffa nell’accattivante “Progetto” scelta non a caso come secondo singolo (mesi dopo il delicato “Tre nummarielle”), Claudio “Gnut” Domestico e Dario Sansone dei Foja nella splendido adattamento – spogliato dell’enfasi dell’originale, ma non della sua magia – di “Briganti se more” dei Musicanova di Eugenio Bennato e del compianto Carlo D’Angiò. Funzionali allo svolgimento dei pezzi, i “featuring” arricchiscono di ulteriori tinte una tavolozza già molto policroma oltre che pressoché priva di cedimenti ispirativi, con episodi quali “Non ho più tempo” e “Blues napoletano” a riecheggiare in misura maggiore i vecchi trascorsi, la title track e “Gina se ne va” a rileggerli in veste più cantautorale, “’Na bella vita” a proporsi autorevolmente come terzo estratto per le radio e la Rete e “Guardate fore” a chiudere all’insegna dell’intimismo. Un quadro affascinante, insomma, e dotato di notevole forza comunicativa; stupisce magari un po’, specie nell’ottica di un’auspicabile allargamento del pubblico, il fatto che nei (toccanti) testi il napoletano sia assai più usato dell’italiano, ma le radici sono radici. "Il dialetto mi smuove qualcosa dentro, e ritengo sia giusto cercare di trasmettere questa emozione", ha spiegato ancora Francesco, e forzarsi la mano sarebbe stata una cattiva idea. "Penso si possa coinvolgere una platea più vasta, ma credo che ci si debba provare con ciò che si sa fare meglio". La sfida è in tal senso (ri)cominciata, ma “Nuova Gianturco” costituisce comunque una vittoria.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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