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Elio e le Storie Tese: il cazzeggio allo stato dell’arte

È arrivata oggi nei negozi una ricca ma economica chiave di accesso in tre CD e un DVD al coloratissimo, irresistibile mondo di una delle migliori band della Penisola. Una band che a lungo, ci credereste?, è stata trattata con sufficienza da tanti appassionati. Aveva ragione Freak Antoni degli Skiantos a dire che “non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti”.
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A cura di Federico Guglielmi
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Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu”, il leggendario – un po' di enfasi è lecita, no? – primo album degli Elio e le Storie Tese, risale alla fine del 1989. La carriera “ufficiale” del gruppo, non contando i dieci anni di gavetta nei quali sono stati un fenomeno in massima parte milanese, sta dunque per raggiungere il quarto di secolo di durata. Riduttivo dire “felicemente”, perché i numeri – dischi prodotti e venduti, concerti, riconoscimenti e tutto il resto, senza dimenticare le due piazze d'onore (su due partecipazioni) al Festival di Sanremo, dicono di un successo notevolissimo e costante, che li qualifica come band transgenerazionale. Non ci fosse stata la prematura scomparsa, nel 1998, del polistrumentista Paolo Panigada, alias Feiez, si potrebbe parlare di perfezione, ma si sa che la perfezione non è di questo mondo e probabilmente nemmeno di quell'altro, ammesso che esista. Che si celebri la quasi-perfezione, allora, e che lo si faccia con un oggetto obsoleto come un CD. Anzi, con tre CD racchiusi assieme a un DVD in un bel cofanetto, che contiene pure un booklet pieno di foto ed è in vendita proprio da oggi ad appena venticinque euro. La cosa stravagante, in un mercato che non si fa certo scrupolo di festeggiare anniversari improbabili (si vedano le “edizioni del quarantacinquennale” dei Velvet Underground), è che nel comunicato stampa degli Elii delle nozze d‘argento con la discografia non si fa la minima menzione, così come dei trentacinque anni di attività totale. Non c'è niente da fare, i ragazzi ora più o meno ultracinquantenni non riescono davvero a essere normali. Per fortuna, eh.

Il box in questione, che vanta una copertina esilarante, si intitola “Dei megli dei nostri megli” e si riallaccia in via diretta a quello che nel lontano 1997 fu il primo “best of” quasi convenzionale della formazione, “Del meglio del nostro meglio Vol.1”, che vi è recuperato interamente. “Del meglio del loro meglio”, il secondo CD, raccoglie invece una serie di duetti, anche inediti altrove, con amici/ospiti per lo più famosissimi: da Raffaella Carrà a Max Pezzali, da Lucio Dalla a James Taylor, da Enrico Ruggeri a Irene Grandi, da Riccardo Fogli a Eugenio Finardi, da Claudio Bisio a Gianni Morandi, da Giorgia a Pierangelo Bertoli. Nel terzo, “Del medio del nostro medio”, sono stati messi in fila qualche versione diversa di pezzi famosi (quella in spagnolo di “El Pube” fa sganasciare) e brani fino a ieri mai pubblicati che almeno in alcuni casi non paiono affatto scarti. Il top del programma, però, è costituito da “Gli audiovisivi”, DVD con venticinque clip del periodo 1989-2013 e una manciata di filmati extra (“contenuti speciosi”): non sono tutti quelli realizzati ma l‘excursus è straordinario, con punte di eccellenza nella “Born To Be Abramo” interpretata con Patrick Hernandez e “Ignudi fra i nudisti”. OK, tutti sono (o saranno presto) su YouTube, ma volete mettere?

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Va da sé che il pur ampio cofanetto rimane tuttavia solo un bignamino-ino-ino di ciò che rende gli Elii una delle band più brillanti, se non addirittura geniali, del rock italiano di sempre; rock da intendersi nell'accezione frankzappiana del termine, con relativi rischi di essere fraintesi a causa delle parolacce, dei coraggiosi equilibrismi sulla corda fra ironia e politicamente scorretto, dei cazzeggi sfrenati, del frequente ricorso al citazionismo musicale e testuale. Oggi che il gruppo è un'istituzione accade assai meno di un tempo, ma all'epoca di “Del meglio del nostro meglio Vol.1” – 1997, come si è detto – la situazione era ben diversa. Volli così propagandare in modo corretto il valore di Elio e compagni, e per farlo li convinsi a concedermi un'intervista nella quale mi avrebbero risparmiato il florilegio di stronzate che di solito regalavano ai giornalisti. Accettarono e ”l'intervista seria” (la chiamai esattamente così) fu apprezzata, tanto che nell'ultimo paio d'anni è stata persino riproposta due volte sui loro canali ufficiali. “L’associare le cazzate alla buona musica”, mi raccontò Elio, “è stata una scelta consapevole dall’inizio. Sapevamo, cioé, che avremmo dovuto affrontare questa dicotomia, e quindi ne accettiamo anche i lati meno positivi. Quello più negativo in assoluto è appunto l’essere considerati cazzari, gente che dice cazzate anche divertenti ma che non può essere presa sul serio come accade ad altri che magari suonano meno bene ma che interpretano la musica come una cosa sacra”. Solo un piccolo disappunto, ovvio, perché i consensi erano in ogni caso rilevantissimi, ma che ai nostri eroi non andava giù. Non deve essere granché bello sapere di essere amati per ciò che non si è. Nella primavera del 2013, in un‘altra chiacchierata, il bassista Faso mi confermò l‘avvenuto cambiamento di rotta: “Ci hanno visti in tante situazioni diverse, veicolando buona musica attraverso testi spiritosi. Con la televisione si arriva a una platea che altrimenti difficilmente raggiungeresti, e l’impressione generale è che siamo davvero bravi a suonare. Insomma, ora siamo reputati un'ottima band che fa anche ridere e non più dei cazzoni che suonano anche bene. Mi pare una differenza abbastanza significativa”. Senz'altro. Se qualcuno nutrisse ancora dubbi, “Dei megli dei nostri megli” ha comunque tutto ciò che occorre per fugarli.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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