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È morto Rudy Van Gelder, l’uomo che contribuì a formare il suono del jazz mondiale

Addio a Rudy Van Gelder, uno degli ingegneri del suono più importanti della storia della musica, firma dietro alcuni dei maggiori album jazz della Storia.
A cura di Francesco Raiola
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Rudy Van Gelder (via Wikimedia)
Rudy Van Gelder (via Wikimedia)

Se alcuni dei vostri album jazz preferiti hanno il suono che tanto amate, parte del merito fu anche dell'ingegnere del suono Rudy Van Gelder, morto ieri all'età di 91 anni, come annunciato dal suo assistente Maureen Sickler. Van Gelder ha collaborato, infatti, con alcuni dei maggiori jazzisti della Storia, una sorta di memoria storica in grado di mettere mano negli album di John Coltrane, Miles Davis e Thelonious Monk, apponendo la propria firma su una fetta del catalogo della Blue Note. Diventò, così, uno degli ingegneri del suono più importanti della Storia della musica mondiale, collaborando, in seguito, anche con la Prestige Records e la Savoy Records.

Dietro ad album che hanno fatto la storia

Spesso il suo ruolo, però, non era compreso appieno, come ricorda il New York Times che riporta come in svariate interviste l'uomo abbia tenuto a specificare il suo ruolo, che non c'entrava nulla con la produzione – insomma non sceglieva i musicisti, ad esempio – ma il suono finale dell'album doveva passare per le sue mani, considerato da tutti gli addetti ai lavori come uno dei migliori a cui affidarsi. Per le sue mani sono passati album come “A Love Supreme” di John Coltrane, “Walkin’” di Miles Davis, “Maiden Voyage” di Herbie Hancock, “Saxophone Colossus” e "Volume 2″ di Sonny Rollins, “Song for My Father" di Horace Silver e "Somethin' Else" di Cannonball Adderley.

Il suo obiettivo

Molto restìo a svelare quali fossero i propri segreti di registrazione, Van Gelder rivelò a Jazzwax che il suo obiettivo era quello di far sì che l'elettronica riuscisse a catturare al meglio lo spirito umano: "La mia ambizione, fin dal principio era quella di catturare e riprodurre la musica meglio di chiunque altro. Ero guidato dal rendere il suono sempre più vicino al modo in cui suonava nello studio. Fu una battaglia costante, far sì che l'elettronica potesse catturare accuratamente lo spirito umano".

Dalle radio amatoriali alla Blue Note

La carriera dell'ingegnere nacque da ragazzo, quando cominciò a interessarsi alle radio amatoriali, prendendo dimestichezza con microfoni ed elettronica, creando da solo una propria strumentazione nella casa dei propri genitori. La svolta avvenne quando, nel 1953, il sassofonista Gil Mellé lo presentò al fondatore della Blue Note Alfred Lion, registrando tutto quello che l'etichetta produsse in quel periodo, dando lustro lui stesso a quella che è considerata l'etichetta jazz per antonomasia.

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