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Diaframma e Litfiba: a trent’anni da Amsterdam

Nell’estate del 1985, due gruppi-cardine del rock italiano strinsero un fulmineo ma proficuo sodalizio. Fa piacere ricordarlo.
A cura di Federico Guglielmi
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Nel settembre del 1985, negli uffici dell’I.R.A. di Firenze si stavano mettendo a punto gli ultimi dettagli per l’ormai imminente pubblicazione di un nuovo disco: dopo la storica compilation “Catalogue Issue” e i primi album di Diaframma (“Siberia”) e Litfiba (“Desaparecido”), era il turno di un EP cointestato alle due band di punta dell’ancora relativamente piccola etichetta – peraltro agguerritissima: stava scrivendo la storia con “la nuova musica italiana cantata in italiano” – fondata l’anno precedente da Alberto Pirelli assieme alla moglie Anne Marie Parrocel. Il 12 pollici sarebbe giunto sul mercato a ottobre, con una bella copertina raffigurante “La città che sale” di Umberto Boccioni, pittore futurista molto amato da Federico Fiumani, il leader dei Diaframma. Tremila i vinili stampati, duemila neri e mille trasparenti, sette dei quali – me lo disse Pirelli, consegnandomene uno brevi manu: magari esagerava, ma lo ricordo benissimo – con macchie blu, verdi e turchesi; fu sempre il boss della label a raccontarmi di non aver voluto far pulire la pressa, dopo il suo utilizzo per una precedente tiratura colorata, proprio per avere una piccola edizione “specialissima” da destinare ai componenti dei due gruppi, a lui, a qualche amico. Alcuni dei musicisti, però, quella copia ultrarara non l’hanno mai ricevuta, e c’è persino chi ha appreso della sua esistenza solo decenni dopo, grazie al tam-tam dei numerosi collezionisti.

Alle session di incisione di “Amsterdam”, il brano del primo lato, io ero presente. Figuro persino nelle note, accreditato come “assistente alla produzione”, e la qualifica ha senso: non feci in effetti nulla se non “assistere”, com’era giusto che fosse, perché volevo rendermi conto di un tot di cose in previsione dell’attività di produttore artistico che avrei a breve (ri)avviato. Al mixer, con accanto Pirelli, c’era un maestro come Carlo Ubaldo Rossi (scomparso nello scorso marzo in un incidente stradale: una grande perdita). Faceva molto caldo e tutto si svolse nell’arco di un paio di giorni, con l’atmosfera dello studio G.A.S. ravvivata da un andirivieni continuo di Diaframma e Litfiba, ma a esser sincero la mente non mi restituisce granché se non un flash di Piero Pelù e Miro Sassolini – all’epoca Fiumani, pur scrivendo musica e testi, era “solo” chitarrista – che cantano assieme; immagine reale o falsa memoria indotta da suggestioni a posteriori? Ah, saperlo, e poi che importanza può avere? Sono invece più che sicuro che al tempo quella collaborazione, a mio avviso riuscitissima, fece un po’ discutere: c’era chi sosteneva che il suo scopo fosse “aiutare” i Diaframma in crisi interna e in affanno per via del maggior successo dei Litfiba, e chi ci vedeva un furbo escamotage per continuare a battere il ferro (caldo, caldissimo) di “Desaparecido”. Con il senno di poi fu comunque un’efficace promozione per ambedue le band e per la scena della quale erano rappresentanti: nella sua revisione “litfibizzata”, più elaborata e lirica rispetto a quella più  scarna e cupa ma altrettanto splendida apparsa in “Siberia”, “Amsterdam” raccolse parecchi consensi. E, fra l’altro, il disco diede ai Diaframma l’opportunità di immortalare come retri altri due (validi) brani del loro primo repertorio, “Elena” e “Ultimo boulevard”.

Anticipando di qualche mese il trentennale, nella primavera scorsa Federico Fiumani e Piero Pelù hanno voluto celebrare alla loro maniera “Amsterdam” recuperandone una versione demo – registrata con un quattro piste, nel giugno 1985, nella sala prove dei Litfiba in Via de’ Bardi – come B-side del vinile formato 10 pollici (con CD allegato). Sulla prima facciata, Piero duetta con Federico, per la prima volta su disco, con i Diaframma ad accompagnarli; il brano, scritto appositamente, è firmato dai due vecchi amici, si intitola “Buchi nell’acqua” e strizza l’occhio tanto agli anni ’80 quanto ai ’90, con risultati piacevolmente rétro ma senza puzza di muffa. Come accennato, l’uscita risale a qualche mese fa, ma gli esemplari confezionati sono più o meno gli stessi dell’”Amsterdam” del 1985: viste le cifre alle quali questi ultimi cambiano oggi proprietario, potrebbe essere il caso di farci un pensierino.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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